mercoledì 4 giugno 2014

[replay] Resident Evil 4


Ripercorrere la prima metà di Resident Evil 4 (versione Wii, difficoltà professional) è stato in un certo senso superfluo; un gioco così lungo e non proprio recente, eppure è facile ricordarselo nel dettaglio quasi a memoria, per una semplice ragione: livello per livello, scena per scena, stanza per stanza e nemico per nemico è stato pensato e realizzato per essere memorabile, con clamoroso successo.

Non conosce fasi di generica transizione, non si adagia mai su una reiterazione indefessa che, per la sola potenza dell'impostazione e della resa, ai tempi poteva garantire enorme impatto anche senza ulteriori particolari sforzi creativi e produttivi;  i fondamentali dell'azione sono scolpiti nel granito e fanno leva su vincoli di mobilità per mantenere la tenuta del sistema (con il senno di poi, in modo fin troppo conservativo), ma l'estetica ed il game design rimescolano continuamente le carte presentando un'instancabile concatenazione di situazioni sempre differenziate e peculiari che di fatto lo rendono immune dalla monodimensionalità di cui tipicamente soffrono i giochi lineari moderni, bisognosi di annacquare la loro (di solito breve e piatta) progressione con cut-scene e set-piece sistematici per cercare di conferirsi una parvenza di ritmo.

Il villaggio (assedio dei Ganados in una piccola mappa navigabile a piacere,  l'incappucciato con motosega incalza già a livello sonoro), la fattoria, il bosco (fuga da un masso rotolante, lanciatori di candelotti di TNT nascosti nelle catapecchie, Luis Sera chiuso in un armadio, Leon messo k.o. dal Big Cheese in stile Bud Spencer), le palafitte (incontro con il bizzarro mercante d'armi, una feritoia sul muro è implicito invito a testare il fucile da cecchino appena comprato), il cimitero con chiesetta (le lapidi di defunti gemelli nascondono la soluzione ad un piccolo enigma), la palude (trappole esplosive, l'acqua alla cintola rallenta il movimento e occlude la visibilità dei nemici atterrati), il lago (si guida una barca a motore, si arpiona un enorme mostro acquatico, qte ansiogeno di nuotata), la diga, el Gigante (in due varianti, una di scontro frontale e l'altra, opzionale, di fuga rallentata dall'apertura di porte incatenate), la cabin defense (su due piani, in cooperativa con un png eventualmente dispensatore di munizioni), la funivia (nemici lanciano proiettili dal binario parallelo o cercano abbordare la vettura, quando colpiti precipitano nel vuoto), le due forme di Bitores Mendes, la stradina per il castello con il camion che si capovolge una volta abbattutone in corsa l'autista, le catapulte sui bastioni, i monaci muniti di scudo (tipologia di nemico 'corazzato' che diventerà uno standard del genere TPS), l'artigliato colosso cieco da sviare coi suoni perchè esponga il 'weak point' sulla schiena, le fogne infestate da insetti invisibili giganti che camminano sui muri e sputano acido... Avanti così, per ore ed ore, ed è un'escalation; si potrebbero investire altre migliaia di caratteri anche solo per accennare con questa sintesi spartana ad altre dozzine di luoghi, incontri e trovate altrettanto o ancor più avvincenti o meritevoli di aneddoto esemplificativo, considerando che gli strepitosi Regenerator non si vedranno che verso la fine dell'avventura.

Eppure il tour non scade mai in una follia di attrazioni estemporanee e mal coese, non c'è uno spreco scriteriato di asset, molti elementi ricorrono con intelligenza, mai del tutti identici, fino a che tutto il loro potenziale viene esplorato; nell'estrema varietà, che si può spingere fino ad un'astrattezza fantasiosa, ci sono comunque simmetria ed un certa continuità geografica.
Si torna sui propri passi e si aprono nuove vie, ma non è backtracking al risparmio;  al contempo si costruisce e delinea la percezione di una vera e propria ambientazione e si apprezza il tema attraverso le sue variazioni. 

Calata la notte, piove e lampeggia e lo scenario campagnolo già attraversato si vede letteralmente sotto una diversa luce, i nemici si muniscono di torce con tanto di attacchi da mangiafuoco, gli headshot precedentemente risolutivi rivelano pericolosi parassiti tentacolari sensibili alle granate accecanti, dei cani mutanti infestano a tradimento il camposanto prima semideserto, la compagnia di Ashley porta nuove interazioni ambientali  come la staffetta per scavalcare i muri altrimenti invalicabili (succedeva molto prima di Uncharted...) o i cassonetti in cui farla nascondere per risparmiarle combattimenti troppo affollati.

Menzionata Ashley, si possono meglio specificare le implicazioni della sua entrata in gioco: in tempo reale viene afferrata di peso da Ganados che cercano di trascinarla verso un'uscita ed il game over; è vulnerabile a qualsiasi attacco nemico, bisogna preoccuparsi di frapporsi sempre tra lei e la minaccia e condividere le erbette curative qualora venga colpita; è sensibile anche al fuoco amico, i rapitori vanno gambizzati con precisione facendo attenzione a non ferirla, lei stessa si inginocchia per togliersi dalla linea di tiro nel caso ci finisca in mezzo; in alcune sezioni le si deve fornire copertura mentre si occuperà di azionare qualche dispositivo.
Si sono tirate in ballo così, incidentalmente, tra le 'varie ed eventuali', meccaniche che l'attualissimo e premiatissimo The Last of Us, addirittura fondato (almeno narrativamente) sull'avere al seguito una ragazzina da proteggere, non è riuscito in alcun modo a replicare, ricorrendo alla brutale semplificazione di un png invisibile ad infetti e razziatori, invincibile e avulso dal gameplay (con i ricorrenti, insulsi 'traghettamenti per zattera' che denunciano la mancanza anzichè colmarla).
Anche la sezione "a sorpresa" dedicata al partner di norma non giocabile offre un confronto interessante; Ashley non usa armi da fuoco e deve cavarsela fuggendo, strisciando sotto i tavoli e rompendo lanterne accese addosso ai nemici, Ellie invece si usa esattamente come Joel, risultando addirittura più efficiente nel corpo a corpo grazie agli usi illimitati del coltello.

Se la sontuosa direzione artistica e la caratterizzazione indelebile sono rimaste fuori dalla portata dei meno ispirati seguiti allestiti da Capcom, un po' persi tra il limitarsi a scopiazzare ossequiosamente ed il rincorrere spettacolarizzazioni hollywoodiane fin troppo patinate solo per inciampare in una certa genericità, in RE4 si può sentire la mancanza delle piccole modifiche e limature apportate ai controlli nel corso degli anni - ad eccezione forse di quelle manovre evasive più acrobatiche che lo stesso Resident Evil 6 non è riuscito ad integrare davvero compiutamente al sistema di gioco.
Basterebbe perfezionare la gestione degli spazi con la possibilità di riposizionarsi durante la fase di puntamento e di ricarica, incrementare le soluzioni offensive con altre mosse contestuali come le finisher sul nemico a terra ed evitare le interruzioni dell'azione implementando un menu in-game di selezione rapida dell'arma, per rimuovere quella poca ruggine accumulatasi nel corso della decade... come d'altronde ha dimostrato la miglior versione della formula, insospettabilmente rappresentata dall'ottimo (nonostante le limitazioni tecniche) Mercenaries 3D.

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