giovedì 4 luglio 2013

Resident Evil 6


Resident Evil 6 è così grosso e composito e autocontraddittorio che si fatica a metterne a fuoco la natura e lo spessore prima d'averne guadagnato la percezione d'insieme, in un saliscendi di impressioni parziali.
Già le versioni dimostrative sembravano mettere in evidenza dei problemi di funzionalità basica, a livello di controlli e telecamera virtuale - i primi ancora macchinosi in rapporto al dinamismo acquisito, la seconda troppo ravvicinata e dall'angolo di visione ristretto.

Prese le necessarie misure, si scopre con certa sorpresa un'esperienza molto giocabile; lo sprint, il repertorio di attacchi corpo a corpo sia liberi che contestuali, le capriole e salti evasivi nelle quattro direzioni e la possibilità di sparare e rotolare a terra, con transizioni sempre reattive, introducono dei gradi di libertà inediti nel campo dei TPS anche al di là dei confini della serie.  Il sistema di coperture, sofferente di varie ambiguità e impacci, diventa una questione marginale una volta realizzato che si può bypassare del tutto o comunque limitare all'uso passivo abbinato all'entrata in scivolata; i nuovi contrattacchi, che premiano buoni tempi di reazione con animazioni personalizzate e grossi danni inflitti, invogliano a studiare tutto il repertorio offensivo dell'altrettano nutrita varietà di nemici.

Le spurie formali su cui inizialmente tende a cadere l'attenzione si ridimensionano, mentre ci si accorge che il vero limite è insito nel design dei livelli, troppo frequentemente accartocciato in spazi stretti antitetici alle possibilità motorie, nelle scalcagnate ondate di nemici standard e nei troppo generici combattimenti contro boss e semi-boss, trattandosi per lo più di scaricare le armi su un bersaglio grosso che non esegue pattern granchè interessanti.

E' per questa strada che si arriva all'inevitabile confronto con Resident Evil 4, capostipite che sfruttava fino al midollo tutte le potenzialità del suo set di regole interno e pianificava oculatamente ogni situazione di gioco, mantenendo coerenza e definizione. Resident Evil 6 aggiunge alla formula ulteriori nuove variabili, ma le destina prevalentemente all'arbitrarietà, buttando alla rinfusa tante scene estemporanee e mal finalizzate. Il suo percorso di emancipazione dallo standard fissato da Mikami è lodevole, specie dopo un quinto episodio tremendamente poco fantasioso e propositivo, ma passa per l'ispirarsi ai molteplici modelli occidentali, quegli Uncharted, Gears of War e Call of Duty a loro volta influenzati dalla spettacolarizzazione hollywoodiana.

Nella considerazione di pesi e contrappesi, le inconsistenze qualitative risultano in qualche modo bilanciate dalle dimensioni dell'offerta, così generose da contare davvero. Le quattro campagne, magari alternate a qualche sessione intensiva della modalità Mercenaries, possono ammontare, già al primo giro, a 40 o più ore di gioco in cui il riciclo di contenuti, di norma giustificato dall'intersezione delle diverse linee narrative, è meno frequente di quanto si sarebbe potuto immaginare: quintali di manodopera capcomiana, magari orchestrata in maniera un po' approssimativa e schizofrenica, ma che è sempre un piacere passare in rassegna.

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