martedì 9 aprile 2013

TES: Skyrim

The Elder Scrolls: Skyrim

Le apparenze di TESV ingannano fino ad un certo punto; dietro la rinnovata bellezza statica dello scenario naturalistico e l'iniezione di dettaglio poligonale ai modelli, tutto è regolato da IA, animazioni e collisioni poco rivedute e poco corrette rispetto ad Oblivion. 
Il sistema di combattimento è il principale residuato bellico. I nemici, come al solito scarsamente solidali al terreno o consapevoli dei propri dintorni, sono mossi dalla tipica tendenza a spalmarsi addosso al giocatore; la razionalità dello scontro fisico, che pur prevede un momento difensivo e dei colpi di differente potenza, è indebolita da input farraginosi e da un'estetica altrettanto confusionaria - è facile rimpiangere l'asciutta decifrabilità di impatti, distanze e posizionamenti che regola Dark Soul.
La mia contromisura è stata quella di ripiegare sull'approccio indiretto (lo stesso asso nella manica giocato da Fallout 3, con le sue armi da fuoco e la possibilità di mettere in pausa gli eventi); la rassicurante modalità di puntamento da FPS, la fisiologica integrazione allo stealth e nuovi optional come lo zoom e lo slow-motion rendono l'arco una soluzione interessante per bypassare, finchè possibile, i dolori del corpo a corpo. In tal senso, sarebbe stato il caso di adottare definitivamente la prima persona come prospettiva unica, approfondendone la fisicità e la resa di arti e armi.

Prese le misure alla componente action, ciò che macroscopicamente rimane al netto di dungeon meglio strutturati in quanto 'fatti a mano' e del rivisitato crafting degli equipaggiamenti, è il più classico modello Bethesda, con tutte le sue libertà e limitazioni storiche.
L'enorme mappa è percorribile nella sua interezza senza soluzione di continuità, dalle coste alle catene montuose dell'entroterra passando per boschi e steppe, ma le transizioni dall'esterno agli interni comportano i famigerati caricamenti con tanto di smaterializzazione in diretta dei png che varcano le soglie.
Gli stessi personaggi non giocanti compiono fisicamente tutti gli spostamenti durante il ciclo del giorno e della notte, ma danno una rappresentazione della vita fin troppo vicina alla natura morta, secondo schematismi che senza pudore espongono i fili delle marionette - quasi si percepisce come un prodotto da catena di montaggio, privo di quell'anima che di solito nobilita l'istantaneità dei presepi artigianali.
La mole di quest sottoposta all'attenzione del giocatore vuole tenerlo costantemente stimolato, farlo sentire piccolo davati ad un mondo virtuale troppo grande per essere svicerato in ogni sua opportunità, ma trasmette anche un senso di riempimento artificioso, che antepone la quantità alle qualità ed unicità delle singole avventure.
Lo sviluppo del personaggio è pluri-ramificato, consentendo tanto la specializzazione estrema quanto la massima poliedricità, ma in gran parte si traduce ancora in upgrade puramente statistici - la superficialità dei fondamentali dell'azione avrebbe invece invocato un ampliamento degli effettivi strumenti ludici a disposizione.

La morale è evidente: nuova cosmesi, vecchi compromessi.
Nell'evoluzione dei suoi mondi virtuali, Bethesda predilige un approccio 'statistico', rispetto ad uno per così dire 'dinamico' che si concentri sul principio videoludico di causa-effetto; ne è simbolica la rappresentazione, via via più accurata nel descrivere l'inanimato ma ugualmente inefficace nell'infondergli un'illusione di vitalità convincente. A dispetto dell'aggiornamento tecnologico e del ribilanciamento di alcuni meccanismi interni alla formula, Skyrim ha ancora tanto bisogno di completarsi nella passione, fantasia ed elasticità mentale di chi lo fruisce - considerati i tempi, anche più dei suoi predecessori.