sabato 16 maggio 2009

[Xbox 360] Fable II

E' strano come a volte la percezione delle cose dipenda dalle aspettative.
Fable, l'originale, tende ad esser consegnato alla storia come "delusione causa intenti disattesi", a dispetto della benevolenza delle votazioni della stampa.
Il nome in codice project ego, sintesi dei propositi di Lionhead, lasciava intendere un avatar che cresce fisicamente e moralmente in un mondo che cresce e si modifica con lui.
Il risultato è stato un action\adventure ancor più che un rpg di stampo occidentale, tempestato di tocchi di classe ma vincolato a corridoi anche in esterna, segmentato da una farcitura di onerosi caricamenti e contenuto in quanto a respiro del gameplay; i postumi dell'hype adombrarono, nella considerazione di molti, la bontà di ciò che alla fine era andato in porto, in primis l'impagabile caratterizzazione in salsa ironica dal sapore british.

Si può dire che Fable abbia adottato il piano B; anzichè tornare ad inseguire le chimere del passato, consapevole del detto che il tempo è galantuomo, si ripresenta invariato nella sostanza ma senza l'enfatico strascico di proclami che fu in grado di infierire diversi contraccolpi alla sua reputazione.
Tornano le personalizzazioni manichee tra corna e aureole, i vestiti da mago, da bandito e da comune cittadino, le espressioni con cui relazionarsi ai png, i rapporti sessuali descritti da una schermata nera e da qualche voce fuori campo, un sistema di esperienza frazionato in abilità, forza e magia assolutamente lontano da rispettare un qualsiasi canone di ruolismo e pressochè tutti gli altri elementi già visti, dalle porte del demonio alle sbronze in taverna passando per i sacrifici nel tempio.

Un upgrade c'è stato, ma si tratta di limature ad un set di idee preso in blocco e lasciato com'era, quel set di idee che sono la colonna portante di un'esperienza fresca, curiosa ed affascinante ma "non troppo consistente dal punto di vista ludico" (virgolettata perchè quasi diventata locuzione standard, di questi tempi).
Le introduzioni più significative sono costituite dall'avatar femminile, dal fedele amico canide e da un sistema economico esteso ad un mercato immobiliare che coinvolge quasi tutti gli edifici di Albion (rispettivamente due tocchi di varietà estetica ed una gradita aggiunta al sottofondo statistico, ancora non così compenetrato alle faccende di gioco).
Per il resto, abbiamo non più di un paio di espressioni e di indumenti inediti, un pargolo come conseguenza (ultima e senza ulteriori implicazioni concrete) degli svaghi con il proprio coniuge, un minigioco elementare che esemplifica parimenti mestieri che vanno dal fabbro al barista... accompagnati dalla fulgente cura cosmetica (e dalle magagne che vanno dal draw-in ai piccoli bug nelle collisioni) che l'attuale generazione di console garantisce.

Poco "more", parecchio "same", per lo più "better".
Insomma: più che un seguito, una ristesura in bella copia, un remake.
Morale della favola? Molta più serenità e molta meno polemica della scorsa volta; Peter Moulineaux, a quanto pare, s'è fatto perdonare più che per quanto ha compiuto, per come lo ha (ri)presentato.

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