
Perchè anche se dovesse succederti la cosa più sgradevole, ad esempio essere ingurgitato da un lupo antropomorfo sotto mentite spoglie, poi arriverebbe qualcuno a tirarti fuori incolume e quel che trarresti dall'aver ceduto al fascino del proibito sarebbero il brivido dell'avventura ed un aneddoto di sicuro effetto da raccontare agli amichetti di scuola.
Figurarsi che nemmeno la nonna-antipasto trapassa, così niente insegnamento sull'enigma della morte; e dire che aveva pur la sua veneranda età, scampata alla bestia dall'intestino pigro ci avrebbero pensato di lì a poco l'osteoporosi o l'alzheimer.
La versione di cui i più sono a conoscenza è quella edulcorata dei Grimm; l'originale (Le Petit Chaperon Rouge di Perrault a sua volta derivata dalla tradizione orale) è priva di lieto fine, il pasto si consuma senza ritorno e l'allusione sessuale risulta più marcata - è triste come, una volta cresciuti, si realizzi l'inversione del dramma nel mondo reale, trattandosi non tanto della ragazzina che finisce suo malgrado dentro il lupo, quanto del lupo che finisce di buon grado dentro la ragazzina. Un genere di lupo non certo in via d'estinzione.
Figurarsi che nemmeno la nonna-antipasto trapassa, così niente insegnamento sull'enigma della morte; e dire che aveva pur la sua veneranda età, scampata alla bestia dall'intestino pigro ci avrebbero pensato di lì a poco l'osteoporosi o l'alzheimer.
La versione di cui i più sono a conoscenza è quella edulcorata dei Grimm; l'originale (Le Petit Chaperon Rouge di Perrault a sua volta derivata dalla tradizione orale) è priva di lieto fine, il pasto si consuma senza ritorno e l'allusione sessuale risulta più marcata - è triste come, una volta cresciuti, si realizzi l'inversione del dramma nel mondo reale, trattandosi non tanto della ragazzina che finisce suo malgrado dentro il lupo, quanto del lupo che finisce di buon grado dentro la ragazzina. Un genere di lupo non certo in via d'estinzione.
A parte la fugace apparizione di una diafana metropoli all'orizzonte oltre le fronde, indice che proprio con una rielaborazione artistica si ha a che fare, il sipario si apre secondo dettami della tradizione. Abbandonato il sentiero principale in barba all'esortazione in sovraimpressione, ci si aggira un po' a casaccio e pervasi da un senso di smarrimento reso ad arte entro un artistico bosco incantato, alla ricerca di una manciata di item e/o hot-spot la cui vista evoca delle stringate frasi evocative e anche loro molto artistiche, così come tutti i ghirigori che si stampano ogni tanto ai bordi dello schermo. Raggiunta una locazione apposita, sperando che il proprio moto randomico non allunghi l'esplorazione fino ad una artistica eternità, e assistito ad un ermetico ed artistico intermezzo, si torna per magia sulla dritta via verso la casa di nonna, che occorrerà raggiungere sotto la pioggia battente a passo obbligatorio di lumaca zoppa - trattasi di tener premuto avanti per alcuni minuti e poi vedere il personaggio continuare da solo per altrettanti fino all'uscio, in totale almeno cinque minuti di nullafacenza artisticamente pianificata. Una volta dentro, a seconda della propria condotta di non-gioco, si partecipa ad un tour guidato più o meno lungo attraverso varie stanze, assistendo a pattern audiovisivi d'onirica inquietudine, rimarcabili per visionarietà e artisticità.
Le cappuccette ai blocchi di partenza in realtà sono svariate, di diversa età ed indole, quindi la procedura andrà reiterata con la prospettiva ultima di far fare un giro a tutte quante per capire di più su cosa muova la giostra a tema.
Si dice sempre che i videogiochi dovrebbero cercare di far altro che divertire; The Path in effetti si pone il problema, ma è così introverso che finisce per faticare da matti a sollecitare le corde emozionali a cui mira. Partendo dai significati, questi sono così impliciti, diluiti e isolati che al posto di generare la giusta dose di mistero e curiosa imperscrutabilità rischiano una ricezione difettosa, sconnessa. Vietandosi d'andare a sbirciare su internet teorie altrui e analisi del plot più o meno ufficiose, per il giocatore non troppo incline al fai-da-te diventa forzoso raccogliere i vari elementi per trarne delle informazioni sui cui poi ragionare; c'è troppa sproporzione tra il detto ed il non detto a favore dell'ultimo, perchè il castello di carte regga o addirittura arrivi la voglia d'iniziarne la costruzione.
Sul piano formale, quello che potrebbe anche descriversi come smantellamento delle convenzioni del medium, più che ad una interessante destrutturazione conduce maldestro a qualche crollo di calcinacci. Non ci sono nemici né limiti di tempo, non si spara né si attacca, non ci si nasconde dietro ombre o muretti, non c'è un hud né un obiettivo palese; niente bastone, niente carota, non si vince e non si perde.
Una liberazione che apre la strada a componenti extraludiche di inedita intensità e profondità? Almeno in questo caso, niente affatto. Ci si scorda in fretta che muoversi alla cieca in mezzo agli alberi è un artificio straniante accettato nel patto con il gioco, quando il risultato è l'insofferenza fisiologica più che il malessere esistenziale; alla riduzione all'osso di interazioni e meccaniche non si è riusciti a far corrispondere quella chiarezza d'esecuzione e d'intenti così necessaria ad una fruizione fruttuosa, appagante.
Forse si è più vicini all'arte (qualsiasi cosa essa sia) quando ci si scopre nutriti interiormente anche da contenuti dei più tragici o dolorosi o disturbanti, assunti traendo quel piacere intimo dell'arricchimento che va al di là delle eventuali lacrime di partecipazione donate al kleenex o del turbamento o del raccapriccio; The Path è più che altro una manciata di eleganti perle di suggestione perse in un sacchetto di sferette di piombo.
Le cappuccette ai blocchi di partenza in realtà sono svariate, di diversa età ed indole, quindi la procedura andrà reiterata con la prospettiva ultima di far fare un giro a tutte quante per capire di più su cosa muova la giostra a tema.
Si dice sempre che i videogiochi dovrebbero cercare di far altro che divertire; The Path in effetti si pone il problema, ma è così introverso che finisce per faticare da matti a sollecitare le corde emozionali a cui mira. Partendo dai significati, questi sono così impliciti, diluiti e isolati che al posto di generare la giusta dose di mistero e curiosa imperscrutabilità rischiano una ricezione difettosa, sconnessa. Vietandosi d'andare a sbirciare su internet teorie altrui e analisi del plot più o meno ufficiose, per il giocatore non troppo incline al fai-da-te diventa forzoso raccogliere i vari elementi per trarne delle informazioni sui cui poi ragionare; c'è troppa sproporzione tra il detto ed il non detto a favore dell'ultimo, perchè il castello di carte regga o addirittura arrivi la voglia d'iniziarne la costruzione.
Sul piano formale, quello che potrebbe anche descriversi come smantellamento delle convenzioni del medium, più che ad una interessante destrutturazione conduce maldestro a qualche crollo di calcinacci. Non ci sono nemici né limiti di tempo, non si spara né si attacca, non ci si nasconde dietro ombre o muretti, non c'è un hud né un obiettivo palese; niente bastone, niente carota, non si vince e non si perde.
Una liberazione che apre la strada a componenti extraludiche di inedita intensità e profondità? Almeno in questo caso, niente affatto. Ci si scorda in fretta che muoversi alla cieca in mezzo agli alberi è un artificio straniante accettato nel patto con il gioco, quando il risultato è l'insofferenza fisiologica più che il malessere esistenziale; alla riduzione all'osso di interazioni e meccaniche non si è riusciti a far corrispondere quella chiarezza d'esecuzione e d'intenti così necessaria ad una fruizione fruttuosa, appagante.
Forse si è più vicini all'arte (qualsiasi cosa essa sia) quando ci si scopre nutriti interiormente anche da contenuti dei più tragici o dolorosi o disturbanti, assunti traendo quel piacere intimo dell'arricchimento che va al di là delle eventuali lacrime di partecipazione donate al kleenex o del turbamento o del raccapriccio; The Path è più che altro una manciata di eleganti perle di suggestione perse in un sacchetto di sferette di piombo.
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