sabato 16 maggio 2009

[NDS] Flower, Sun and Rain

Flower, Sun and Rain potrebbe costituire un buon test intitolato "quanto sei sudacinquantuniano?".
L'occhio percepisce nell'immediato il medesimo registro visivo di killer7 e No More Heroes, stavolta ulteriormente esasperato dalle scarse capacità computazionali della console portatile; la rappresentazione è incerta, i pixel macroscopici, il fascino comunque indubbio - confessandosi ad un certo punto autocosciente del propri limiti estetici, il gioco quasi rivolta la frittata. L'esperienza si muove tra l'ironico, l'onirico e l'ornitorinco; tutto ciò che è sbilenco in teoria, presentandosi in pratica come voluto, diventa un modo d'essere sfuggendo dalla categoria di disfunzione, un po' come il jeans appositamente strappato è stile, non abbigliamento fallato.
Trattasi di marchio di fabbrica dell'autore; prendere o lasciare.

Molti tempi (dilungati a dismisura in relazione alla sostanza ludica) e passaggi (ridondanti in maniera quasi provocatoria) sarebbero secondo raziocinio sbagliati, ma acquistano un certo senso in termini di straniamento e perplessità indotta - a qualcuno sarà tornata alla mente, in diversa proporzione, la lunga passeggiata iniziale di Silent Hill 2, che pur confinando il giocatore alla quasi nullafacenza aveva il compito di veicolare una sottile suggestione.
Specie durante certe digressioni deliranti si accaparra un posto al sole l'accompagnamento sonoro, smorzato dalla compressione della piccola cartuccia ma comunque variegato, dettagliato e studiato come solo la premiata ditta Takada\Fukuda sa concepire e infiocchettare; gli improbabili remix di motivetti famosi alimentano le sensazioni esotiche.

A patto di digerire una portata infarcita di dosi massicce di assurdità e speziata di surreale, i testi sono quantomeno interessanti, una boccata d'aria fresca rispetto alle convenzioni e stucchevolezze su cui i videogiochi tendono ad appiattirsi di norma; ogni discorso strambo è in bilico tra l'essere fine a se stesso, il sottintendere un qualche riferimento (alla storia, al gioco in sé o persino al giocatore) ed il preparare il campo a qualche effetto successivo (comico, grottesco o in termini di empatia nei confronti di questo o quel personaggio).
In fin dei conti, similmente a quanto succedeva in maniera ben più ortodossa in un Hotel Dusk, l'attività principale è proprio la lettura, con gli enigmi in chiave numerica che fanno da pungolo periodico alla partecipazione attiva; di norma si tratta di prove indolori e scontate, altre volte le richieste diventano incoerentemente e senza preavviso più problematiche - per l'ennesima volta, è più una ricerca di artifici disturbanti che di un impianto giocoso di senso compiuto e ricompensa garantita.

Poco importa che al termine delle 16 giornate storte di questo Groundhog Day jappo-lisergico senza capo né coda ci si ritrovi con un pugno di mosche; in fondo, c'è un piccolo Sumio Mondo dentro ciascun giocatore.

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