killer7 è una rivelazione riservata a pochi.
killer7 è una delusione annunciata per tutto il resto del mondo.
killer7 è la negazione e l’esaltazione stessa del videogioco moderno.
Nessun titolo è mai riuscito a suscitare tanta perplessità e malessere esistenziale nel videogiocatore come l’ultimo lavoro di Capcom, ideato dalle menti labirintiche di Suda51, Mikami e Kobayashi.

master, this is wonderful
Il mercato detta la legge: realismo, dettaglio, fisica delle collisioni tra corpi. E’ questo ciò che vuole il consumatore: andate, programmatori, ed eseguite come meglio potete, possibilmente includendo visuale in soggettiva ed almeno 30 armi perfettamente riprodotte.
killer7 la infrange.
killer7 propone una veste estetica di un minimalismo violento, il più radicale dei cell-shading; concetti come polygon count e texture mapping perdono di significato, diventano nomenclature fini a se stesse. La struttura degli ambienti e la fisionomia dei personaggi non sono “imposte” alla percezione visiva dell’osservatore, ma suggerite dall’espressività di semplici eppure vividissimi accostamenti cromatici, ora armoniosi, ora stridenti. Il resto lo fanno le inquadrature, mai lasciate al caso, in grado di straniare lo spettatore, di solleticarne il senso spaziale senza mai infastidire o nauseare.
Il risultato è accattivante e sinuoso come mai ci si potrebbe aspettare.
Nell’estrema e ricercata stilizzazione delle forme, le animazioni passano dal nervosismo motorio e dalla bizzarria delle posture ad una contrastante naturalezza motion-capturata; la ferocia esplicita delle esecuzioni, manifestata da reazioni “fisiologiche” di una verosimiglianza preoccupante, colpisce l’immaginario più di quanto potrebbe mai fare il fps più sanguinoso. Nemmeno le cut-scenes in full-motion s’impegnano a dare una parvenza di continuità; realizzate da diversi studi artistici specializzati, variano senza soluzione di continuità da un’ardita rappresentazione cubista ad uno stile più classico, privo di frizzi e lazzi.
master, this is awesome
Il mercato detta la legge: assoluta libertà d’azione, mappe sconfinate, esplorazione svincolata. E’ questo ciò che vuole il consumatore: andate, programmatori, ed eseguite come meglio potete, possibilmente attingendo a piene mani dall’ultimo GTA.
killer7 la infrange.
killer7 priva il videogiocatore dell’ultima conquista del videogioco, la concessione di muoversi a piacimento in un ambiente tridimensionale. Si deambula tenendo premuto il pulsante A, niente di più, niente di meno. Ogni tanto si giunge a dei bivi prefissati: lo schermo viene sezionato da “squarci” di differente colorazione, indicanti le possibili direzioni di marcia. Operata la scelta, si prosegue nell’attraversamento di locazioni improbabili, estremamente lineari eppure in un certo senso contorte ed opprimenti: si ha la netta impressione di viaggiare su rotaie invisibili nei meandri di una casa stregata.
Il vero fulcro del gameplay di killer7 subentra nella componente shooter; lo stimolo sonoro di una folle risata indica la presenza su schermo di un Heaven Smile pronto a detonare: la pressione del tasto dorsale destro determina il passaggio dalla terza alla prima persona, la pressione di quello sinistro avvia una rapida scansione dell’ambiente e rivela il nemico inizialmente invisibile, infine si passa all’azione, si prende la mira e si fa scorrere il sangue.
Il sangue, indispensabile elemento vitale. Riuscire a colpire le aberrazioni al tritolo in corrispondenza di precisi punti critici porta due vantaggi: l’eliminazione istantanea della minaccia e la liberazione di un grosso quantitativo di globuli rossi, che andranno a rimpinguare le scorte del giocatore. Ancora due sono gli utilizzi possibili del fluido scarlatto guadagnato: ripristinare i punti ferita o potenziare, adeguatamente convertito in “plasma”, le abilità balistiche dei personaggi selezionabili, come il contenimento del rinculo, la precisione ed il numero di colpi a disposizione.
E’ più facile a dirsi che a farsi, comunque; l’impossibilità di una fuga veloce dovuta all’angusto sistema di locomozione, l’oscillazione della propria mano virtuale, l’imprevedibilità di avversari dall’incedere irregolare sono fattori che costringono ad una continuo stato di concentrazione.
Un gameplay apparentemente superficiale presenta dei risvolti di insospettabile strategia: amministrare i proiettili in canna ricaricando al momento opportuno, selezionare la personalità più adatta alla determinata tipologia di kamikaze, utilizzare con il giusto tempismo le counter, scegliere la giusta sequenza di uccisioni, sono azioni che necessitano di una discreta dose di pratica, ripagando con maggiori soddisfazioni chi scelga il loro approfondimento.
master, this is meaningless
Altro giro, altra corsa: gli enigmi.
Sono così semplici da far venire la pelle d’oca.
Definirli elementari sarebbe riduttivo: spesso si risolvono da soli.
Provate ad applicare un minimo di pensiero laterale, un pizzico di interpretazione libera e vi allontanerete di mille miglia dalla scontatissima verità.
Il punto è questo: tale imbarazzante banalità è voluta con consapevole follia.
Qualcuno griderà allo scandalo, qualcuno inveirà contro lo scarso impegno degli ideatori, qualcun altro tirerà in ballo un deficitario fattore di difficoltà.
Ebbene, simili lamentele, invero legittime e comprensibili, non hanno appiglio; killer7 vuole deliberatamente prendere per i fondelli il videogiocatore, vuole spiazzarlo calciando la palla sull’altro palo.
Gli enigmi sono stupidi, un insulto alle facoltà mentali dell’utente intellettualmente meno dotato, eppure introdotti da ampi suggerimenti e presentati da indicazioni sonore e visive che ne agevolano la soluzione.
Una testa mozzata nella lavatrice, uno sciacquone da tirare nella toilet, un muro crepato da abbattere.
Sono lì per il gusto di esserci, sono un pretesto per dar luogo a situazioni stralunate, a dialoghi campati per aria, a suggestioni primitive; un po’ come inserire le forme giuste nel foro corrispondente.
Prendere o lasciare, amare o detestare; questo è il patto.
the smithian sindycate
killer7 vuole raccontare una storia.
Una storia a dir poco arzigogolata, involuta, per molti aspetti spudoratamente insensata.
Era dai tempi di Silent Hill 2 e Sons of Liberty che il videogiocatore non era chiamato ad un tale sforzo interpretativo, ad un’opera di dissotterramento del particolare, all’analisi di significati simbolici nascosti; killer7 si spinge oltre, unendo l’introspezione psicologica alla trattazione fanta-politica, miscelando le perversioni di un assassino visionario agli imperscrutabili complotti internazionali di uno scenario mondiale alla vigilia dell’apocalisse.
Heaven Smile, un gruppo di sadici terroristi kamikaze, sta seminando il panico nel mondo in una serie interminabile di attentati esplosivi; Harman Smith, leggendario killer professionista costretto su una serie a rotelle, dalla mente divisa in sette distinte personalità dotate di vita propria, è incaricato dal governo americano di porre fine alla carneficina. La vicenda ha luogo durante una profonda crisi nei rapporti tra la potenza degli USA e quella del Giappone, crisi che non trova soluzione nei tentativi diplomatici e minaccia di sfociare in aperto conflitto.
In un confuso aggrovigliarsi di trame e sottotrame, ulteriormente distorto dallo specchio deformante della mente schizofrenica del nostro alter ego, discernere il bene dal male, il concreto dall’onirico, sarà un’impresa disperata; come si può scegliere il destino del mondo intero, quando non si è nemmeno in grado di conoscere se stessi?
hidden soundtrack
L’accompagnamento sonoro di killer7 può tranquillamente definirsi perfetto.
Una gran quantità di musiche fa da ideale complemento alle molteplici suggestioni visive che si alternano sullo schermo; è impossibile incastonarle in generi predefiniti: l’unico modo per farsi un’idea è ascoltare di persona e prendere atto della sinergia tra occhio e orecchio.
Gli effetti dal canto loro dimostrano indispensabili: tendere l’udito ai ghigni sarcastici degli Smiles è regola ferrea se si vuole vivere a lungo, percepire il languido accordo di chitarra associato alla risoluzione di un enigma fornisce maggior soddisfazione dell’intuizione appena avuta.
Il doppiaggio infine rivela l’assunzione di attori professionisti, visto il livello della recitazione nelle fasi narrative; udire Garcian Smith apostrofare il nemico appena polverizzato in una nuvola di plasma con uno stentoreo “son of a bitch” vale da solo il prezzo del biglietto.
samantha, the lights
Giudicare con obbiettività un gioco “di rottura” come killer7 è arduo quasi quanto capirne con precisione la trama; per esser veramente apprezzato il titolo Capcom si deve affrontare con la mente sgombra dalle convenzioni del videoludo moderno, accettando ciò che rappresenta senza cercare confronti con altre esperienze più tradizionali.
Intestardirsi sulla deprecazione del sistema di controllo, della natura dei rompicapi e della ridondanza delle meccaniche, tutte scelte mirate e strutturali di design, equivale a non accettare le regole del gioco; equivale a criticare lo sport del calcio per la presenza in campo di un solo pallone o la tombola per la ripetitività dei suoi gesti rituali.
killer7 è un gioco meritevole di profonda attenzione: le tecniche di narrazione adottate, la trattazione matura di inquietanti tematiche attuali, l’attenzione per i dettagli meditata in tre lunghi anni di sviluppo e la delirante demolizione di parametri videoludici scontati vanno ben oltre gli inevitabili limiti della disturbante sperimentazione di Capcom.
(recensito per Gameplus)
Il mercato detta la legge: realismo, dettaglio, fisica delle collisioni tra corpi. E’ questo ciò che vuole il consumatore: andate, programmatori, ed eseguite come meglio potete, possibilmente includendo visuale in soggettiva ed almeno 30 armi perfettamente riprodotte.
killer7 la infrange.
killer7 propone una veste estetica di un minimalismo violento, il più radicale dei cell-shading; concetti come polygon count e texture mapping perdono di significato, diventano nomenclature fini a se stesse. La struttura degli ambienti e la fisionomia dei personaggi non sono “imposte” alla percezione visiva dell’osservatore, ma suggerite dall’espressività di semplici eppure vividissimi accostamenti cromatici, ora armoniosi, ora stridenti. Il resto lo fanno le inquadrature, mai lasciate al caso, in grado di straniare lo spettatore, di solleticarne il senso spaziale senza mai infastidire o nauseare.
Il risultato è accattivante e sinuoso come mai ci si potrebbe aspettare.
Nell’estrema e ricercata stilizzazione delle forme, le animazioni passano dal nervosismo motorio e dalla bizzarria delle posture ad una contrastante naturalezza motion-capturata; la ferocia esplicita delle esecuzioni, manifestata da reazioni “fisiologiche” di una verosimiglianza preoccupante, colpisce l’immaginario più di quanto potrebbe mai fare il fps più sanguinoso. Nemmeno le cut-scenes in full-motion s’impegnano a dare una parvenza di continuità; realizzate da diversi studi artistici specializzati, variano senza soluzione di continuità da un’ardita rappresentazione cubista ad uno stile più classico, privo di frizzi e lazzi.

killer7 la infrange.
killer7 priva il videogiocatore dell’ultima conquista del videogioco, la concessione di muoversi a piacimento in un ambiente tridimensionale. Si deambula tenendo premuto il pulsante A, niente di più, niente di meno. Ogni tanto si giunge a dei bivi prefissati: lo schermo viene sezionato da “squarci” di differente colorazione, indicanti le possibili direzioni di marcia. Operata la scelta, si prosegue nell’attraversamento di locazioni improbabili, estremamente lineari eppure in un certo senso contorte ed opprimenti: si ha la netta impressione di viaggiare su rotaie invisibili nei meandri di una casa stregata.
Il vero fulcro del gameplay di killer7 subentra nella componente shooter; lo stimolo sonoro di una folle risata indica la presenza su schermo di un Heaven Smile pronto a detonare: la pressione del tasto dorsale destro determina il passaggio dalla terza alla prima persona, la pressione di quello sinistro avvia una rapida scansione dell’ambiente e rivela il nemico inizialmente invisibile, infine si passa all’azione, si prende la mira e si fa scorrere il sangue.
Il sangue, indispensabile elemento vitale. Riuscire a colpire le aberrazioni al tritolo in corrispondenza di precisi punti critici porta due vantaggi: l’eliminazione istantanea della minaccia e la liberazione di un grosso quantitativo di globuli rossi, che andranno a rimpinguare le scorte del giocatore. Ancora due sono gli utilizzi possibili del fluido scarlatto guadagnato: ripristinare i punti ferita o potenziare, adeguatamente convertito in “plasma”, le abilità balistiche dei personaggi selezionabili, come il contenimento del rinculo, la precisione ed il numero di colpi a disposizione.
E’ più facile a dirsi che a farsi, comunque; l’impossibilità di una fuga veloce dovuta all’angusto sistema di locomozione, l’oscillazione della propria mano virtuale, l’imprevedibilità di avversari dall’incedere irregolare sono fattori che costringono ad una continuo stato di concentrazione.
Un gameplay apparentemente superficiale presenta dei risvolti di insospettabile strategia: amministrare i proiettili in canna ricaricando al momento opportuno, selezionare la personalità più adatta alla determinata tipologia di kamikaze, utilizzare con il giusto tempismo le counter, scegliere la giusta sequenza di uccisioni, sono azioni che necessitano di una discreta dose di pratica, ripagando con maggiori soddisfazioni chi scelga il loro approfondimento.
master, this is meaningless
Altro giro, altra corsa: gli enigmi.
Sono così semplici da far venire la pelle d’oca.
Definirli elementari sarebbe riduttivo: spesso si risolvono da soli.
Provate ad applicare un minimo di pensiero laterale, un pizzico di interpretazione libera e vi allontanerete di mille miglia dalla scontatissima verità.
Il punto è questo: tale imbarazzante banalità è voluta con consapevole follia.
Qualcuno griderà allo scandalo, qualcuno inveirà contro lo scarso impegno degli ideatori, qualcun altro tirerà in ballo un deficitario fattore di difficoltà.
Ebbene, simili lamentele, invero legittime e comprensibili, non hanno appiglio; killer7 vuole deliberatamente prendere per i fondelli il videogiocatore, vuole spiazzarlo calciando la palla sull’altro palo.
Gli enigmi sono stupidi, un insulto alle facoltà mentali dell’utente intellettualmente meno dotato, eppure introdotti da ampi suggerimenti e presentati da indicazioni sonore e visive che ne agevolano la soluzione.
Una testa mozzata nella lavatrice, uno sciacquone da tirare nella toilet, un muro crepato da abbattere.
Sono lì per il gusto di esserci, sono un pretesto per dar luogo a situazioni stralunate, a dialoghi campati per aria, a suggestioni primitive; un po’ come inserire le forme giuste nel foro corrispondente.
Prendere o lasciare, amare o detestare; questo è il patto.
the smithian sindycate
Una storia a dir poco arzigogolata, involuta, per molti aspetti spudoratamente insensata.
Era dai tempi di Silent Hill 2 e Sons of Liberty che il videogiocatore non era chiamato ad un tale sforzo interpretativo, ad un’opera di dissotterramento del particolare, all’analisi di significati simbolici nascosti; killer7 si spinge oltre, unendo l’introspezione psicologica alla trattazione fanta-politica, miscelando le perversioni di un assassino visionario agli imperscrutabili complotti internazionali di uno scenario mondiale alla vigilia dell’apocalisse.
Heaven Smile, un gruppo di sadici terroristi kamikaze, sta seminando il panico nel mondo in una serie interminabile di attentati esplosivi; Harman Smith, leggendario killer professionista costretto su una serie a rotelle, dalla mente divisa in sette distinte personalità dotate di vita propria, è incaricato dal governo americano di porre fine alla carneficina. La vicenda ha luogo durante una profonda crisi nei rapporti tra la potenza degli USA e quella del Giappone, crisi che non trova soluzione nei tentativi diplomatici e minaccia di sfociare in aperto conflitto.
In un confuso aggrovigliarsi di trame e sottotrame, ulteriormente distorto dallo specchio deformante della mente schizofrenica del nostro alter ego, discernere il bene dal male, il concreto dall’onirico, sarà un’impresa disperata; come si può scegliere il destino del mondo intero, quando non si è nemmeno in grado di conoscere se stessi?
hidden soundtrack
L’accompagnamento sonoro di killer7 può tranquillamente definirsi perfetto.
Una gran quantità di musiche fa da ideale complemento alle molteplici suggestioni visive che si alternano sullo schermo; è impossibile incastonarle in generi predefiniti: l’unico modo per farsi un’idea è ascoltare di persona e prendere atto della sinergia tra occhio e orecchio.
Gli effetti dal canto loro dimostrano indispensabili: tendere l’udito ai ghigni sarcastici degli Smiles è regola ferrea se si vuole vivere a lungo, percepire il languido accordo di chitarra associato alla risoluzione di un enigma fornisce maggior soddisfazione dell’intuizione appena avuta.
Il doppiaggio infine rivela l’assunzione di attori professionisti, visto il livello della recitazione nelle fasi narrative; udire Garcian Smith apostrofare il nemico appena polverizzato in una nuvola di plasma con uno stentoreo “son of a bitch” vale da solo il prezzo del biglietto.
samantha, the lights
Giudicare con obbiettività un gioco “di rottura” come killer7 è arduo quasi quanto capirne con precisione la trama; per esser veramente apprezzato il titolo Capcom si deve affrontare con la mente sgombra dalle convenzioni del videoludo moderno, accettando ciò che rappresenta senza cercare confronti con altre esperienze più tradizionali.
Intestardirsi sulla deprecazione del sistema di controllo, della natura dei rompicapi e della ridondanza delle meccaniche, tutte scelte mirate e strutturali di design, equivale a non accettare le regole del gioco; equivale a criticare lo sport del calcio per la presenza in campo di un solo pallone o la tombola per la ripetitività dei suoi gesti rituali.
killer7 è un gioco meritevole di profonda attenzione: le tecniche di narrazione adottate, la trattazione matura di inquietanti tematiche attuali, l’attenzione per i dettagli meditata in tre lunghi anni di sviluppo e la delirante demolizione di parametri videoludici scontati vanno ben oltre gli inevitabili limiti della disturbante sperimentazione di Capcom.
(recensito per Gameplus)